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Come si impara? 5 grandi registi rispondono



L'occhio del regista è un libro che oltre a parlarmi di un vecchio amore, il cinema, mi parla di uno più recente, la scuola.

L'autore, il regista francese Laurent Tirard, ha incontrato 25 grandi registi del cinema contemporaneo e ha discusso con loro di problemi tecnici di regia, come per esempio l'uso dello zoom e dei movimenti di macchina. Di come si lavora con gli attori, con i collaboratori, con i tecnici. Dove trovare l'ispirazione, come farsi venire un'idea, ecc...

E in quel "eccetera" molto mi parla di scuola, perché se alcuni di questi registi sono stati anche insegnanti di regia, tutti sono stati nella condizione di imparare. E molti di loro si domandano come abbiano imparato il loro lavoro.

È molto indicativo che personaggi così importanti della storia del cinema decidano di soffermarsi su questo punto: come hanno imparato a fare quello che fanno così bene? E per i giovani qual è il modo migliore per imparare?

Tra le varie affermazioni, ne scelgo 5.


Wim Wenders
Wim Wenders

#1. Wim Wenders ci dice che ha imparato in due modi: direttamente sul set girando i suoi film e alla scrivania scrivendo recensioni.

"Scrivere ti costringe ad approfondire l'analisi, cercando di definire e spiegare in modo concreto (per gli altri e soprattutto per te stesso) perché un film funziona oppure no" (pag. 98).

E un po' quello che succede a me, nel mio piccolo, anzi piccolissimo, ogni volta che su questo blog cerco di raccontare un'attività che ho svolto in classe. Lo sguardo a ritroso e l'analisi chiariscono procedimenti, metodi e mezzi... prima di tutto (e forse solo) a me.

#2 Jean-Luc Godard sostiene che il più grande motore dell'apprendimento sia l'amore:

"amare il cinema è già imparare a fare film" (pag. 212).

Come contraddirlo? È sotto gli occhi di tutti gli insegnati il valore che riveste la motivazione negli studenti.

Pensandoci... io cosa insegno oggi? Non certo chimica, la materia che tanto mi annoiava quando dietro al banco di scuola c'ero io.


#3. Mathieu Kassovitz afferma che si impara guardando.

Idea interessante, poiché di solito si dice esattamente il contrario e cioè che il vero apprendimento c'è nel momento in cui si fa proprio come dice il regista tedesco, ma anche una lunga schiera di pedagogisti. Il regista francese, invece, argomenta la sua idea sostenendo che nel momento in cui si fa, ci si trova nel mezzo delle cose senza una rete di salvataggio ed è troppo tardi. E allora prima, in fase di studio, meglio dedicarsi con attenzione all'osservazione dei maestri.

Il pensiero corre al mio tirocinio negli anni della SSIS. Seguendo la mia professoressa tutor ho avuto modo di osservare lei e la relazione che aveva con i suoi studenti e il mio sguardo era a fuoco, perché non coinvolto direttamente.

Adesso, nella mia attività quotidiana, spesso mi concentro su un solo studente o una sola situazione. È difficile avere lo sguardo di insieme e se a volte non mi sfuggono i particolari (almeno spero) è solo perché ho passato un paio di anni (anzi tre) a osservare altri che stavano in prima linea.


#4. I fratelli Coen, raccontando della loro esperienza come insegnanti, sembrano loro stessi un po' stupiti della loro metodologia. Da docenti hanno, infatti, mostrato ai loro studenti film minori, dimenticati, diversi dai grandi classici. Ma in fondo a cosa serve una scuola, si domandano, se non a uscire dagli schemi?


#5. Michael Mann risponde a questa stessa domanda e per lui, invece, la scuola dovrebbe offrire la possibilità di sperimentare.

"Credevo di avere delle idee rivoluzionarie, ma sono state un vero fallimento (...). Grazie a qualche settimana in cui ho provato davvero tutto, mi sono risparmiato anni di sofferenza" (pag. 255).


L'occhio del regista è un libro che probabilmente arriva nella mia vita troppo tardi, perché fa venir voglia di passare all'azione. Immagino, infatti, che se lo avessi letto a vent'anni avrei preso la prima videocamera a disposizione e mi sarei messa a girare una scena qualsiasi, in un momento qualsiasi, di una qualsiasi storia...

Letto oggi invece L'occhio del regista è un libro che, attraverso la voce di grandi registi, dice qualcosa di me. Mi induce a riflettere sui miei modi di apprendimento e quindi su quelli dei miei studenti. Trovo spunti laboratoriali e di attività pratiche: basta sostituire alla parola film l'argomento di insegnamento.

Non so quindi se queste 25 lezioni dei maestri del cinema contemporaneo alla fine mi abbiano insegnato di più sul cinema o sulla scuola.



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