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Videoclip: officina di sperimentazione visiva

Può essere patinato come quello di Madonna, in bianco e nero come quello di Christina Aguilera, sfocato come quello di Alanis Morissette, o deformato come quello di Guns ‘n’ Roses...

Di cosa stiamo parlando? Di piano sequenza, naturalmente!

Sono veramente tanti i cantanti che hanno usato un piano sequenza per girare i videoclip dei loro pezzi. Ma non illudiamoci, dietro l’apparente semplicità di una telecamera fissa di solito si nasconde lo sguardo di un grande regista con un’idea brillante in testa.

Basti pensare che un regista come David Fincher ha diretto cantanti del calibro di Sting, Michael Jackson, George Michael, Billy Idol, per citarne solo alcuni.

Il videoclip si rivelano così un’occasione per sperimentare tecniche visive e collaudare effetti percettivi, costruendo narrazioni spericolate e quadri immaginifici.

Vediamo qualche esempio.

Michel Gondry è un regista francese che nel 1996 dirige Cibo Matto, girando un videoclip che lui stesso definisce palindromo.

Lo schermo viene diviso in due parti nelle quali scorre la stessa storia, ma se a sinistra le immagini seguono un andamento lineare, a destra troviamo la stessa scena narrata a rovescio con originali sostituzioni di dettagli: l’acqua della doccia diventa zucchero e il phon un ventilatore. A metà video, i destini delle protagoniste si incrociano e l’unione dei due segmenti visivi permette di leggere una scritta inquietante che fa ripartire la narrazione, ribaltando i ruoli.

Stesso regista, ma cambio di artista e di scena: Parigi, 2002.

Michel Gondry dirige Kylie Minogue per Come in to my world.

La mdp accompagna la cantante durante una passeggiata per un quartiere affollato e movimentato.

Solo che c’è un particolare: l’artista, sebbene proceda con passo sicuro, non raggiunge nessun luogo e torna sempre al punto di partenza, sulla soglia di un negozio dal quale esce un’altra Kylie Minogue. Alla fine del video ci sono ben 5 Kylie che gironzolano per il quartiere, che ormai abbiamo imparato a conoscere, popolato da tanti personaggi condannati a ripetere le stesse azioni chissà per quanto tempo ancora.

Anche in questo caso il piano sequenza nasconde una costruzione rigorosa che cela sapienti effetti speciali che contribuiscono a creare la perfetta struttura circolare dell’eterno ritorno.

L’estetica di Gondry, costellata di strade che non portano da nessuna parte, di azioni che si ripetono all’infinito e di movimenti che andando avanti tornano nel passato, gioca dunque sulla percezione prospettiche, facendo tornare alla memoria le immagini del disegnatore M.C. Escher.

Uno delle opere più famosi di Escher
Escher relatività

Se le incisioni dell’olandese ci permettono di riflettere sulla visione dello spazio, i videoclip si arricchiscono di un’altra dimensione, quella temporale.

Allestimento più essenziale per Virtual Insanity dei Jamiroquai.

Una stanza e due poltrone valgono nel 1997 ben quattro premi agli MTV Video Music Awards, incluso quello più prestigioso per il miglior video dell’anno.

Come fa un video dall’ambientazione così scarna a vincere tanti premi e a riscuotere tanto successo?

Merito del regista Jonathan Glazer che con un’inquadratura fissa crea immagini stranianti, con pavimento e pareti mobili. Alla fine del video da una queste poltrone esce un liquido che sembra sangue. Il regista ha poi spiegato che fu un incidente dovuto alla fuoriuscite dell’olio dal mobile ma che l’effetto era talmente interessante che decise di non ripetere la sequenza.

D’altronde non era l’unico elemento strano in un video infestato da altri particolari bizzarri, come corvi e scarafaggi.

Ambientazione semplice anche quella del video della cantante canadese Feist dedicato alla canzone 1234 e girato da Patrick Daughters.

Scenografia: un capannone spoglio e dismesso. Ballerini? Sì, tanti e coloratissimi.

Il video è un’esplosione di colori in una corografia che è costruita come un meccanismo perfetto che gioca con le forme spingendo la mdp a volo d’uccello con spostamenti pindarici coinvolgendo nel ballo anche chi guarda. Impossibile, infatti, restare fermi durante questi movimenti gioiosi della macchina da presa.

Il video ha ricevuto un premio ai Grammy Awards del 2008 nella categoria Performance e Best Short Form Music Video.

A questo punto si potrebbe pensare che nei videoclip il piano sequenza sia sempre usato con l’inserimento di grafica computerizzata o con effetti speciali per tentare di rompere la monotonia.

Ma non è così.

Vediamo tre esempi senza uso di post produzione.

1) Kiesza in Hideaway scende da un taxi e canta la sua canzone mentre passeggia lungo la strada di una periferia urbana. Nel frattempo incontra altri ballerini con i quali crea delle coreografie. In questo caso la cinepresa apre la strada la precede, si allontana, rallenta. Come Kally Minogue anche Kiesza torna al punto di partenza per riprendere un nuovo taxi e patire chissà per dove. Ma questa volta non ci sono implicazioni percettive.

La passeggiata di Kiesza è un solo (si fa per dire) una splendida corografia!

2) Anche in Italia abbiamo il nostro piano sequenza: Raf canta Infinito in una passeggiata notturna su un molo. La mdp lo segue, lo precede, gli si accosta e Raf canta guardando direttamente in macchina oppure si ritaglia momenti intimi scrutando l’orizzonte, alternando così l’esecuzione del brano a lunghi sguardi silenziosi, scindendo tra la musica registrata e la performance attoriale in diretta.


3) Infine, il video che nel 2007 ha vinto il premio Youtube Awards: Here it come again del gruppo svedese Ok Go.

Telecamera fissa, scena con 6 tapis roulant e i 4 componenti del gruppo che si improvvisano ballerini ma si muovono secondo i meccanismi di un orologio perfetto. Un eccentrico capolavoro di essenzialità.

Il video dimostra che in fin dei conti basta veramente poco.

Niente computer grafica, niente effetti speciali, niente post produzione, solo una telecamera e un’ideapossibilmente geniale!

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