Una grande storia, un libro ben scritto, un saggio sull'insegnamento e un manipolo di studenti vivaci.
Il docente che ha la fortuna di ritrovarsi tra le mani questi semplici ingredienti può cogliere l'occasione per sperimentare una nuova metodologia, per giocare con le parole e mettere alla prova in modo ancora più attivo i suoi giovani allievi.
Ed è ciò che è successo a me: la grande storia che ho trovato è quella di Romeo e Giulietta, il libro ben scritto è quello di Daniele Aristarco, il saggio è quello di Stefano Rossi e i ragazzi vivaci sono della mia Prima B del Convitto "G. B. Vico" di Chieti. 23 giovani studenti curiosi e motivati.
Con loro, durante il laboratorio di lettura, ho letto Shakespeare in short, un testo, edito per Einaudi Ragazzi, adatto per traghettare i più giovani nel mondo dei classici dell'autore inglese.
Il racconto di Aristarco ci ha infatti offerto l'occasione non solo di conoscere la tragedia d'amore, ma anche di sottolineare le frasi più belle, di apprezzare le metafore shakespeariane, di studiare la vita dell'autore e di scoprire il Globe Teather. In breve... ci ha aperto un mondo!
Visto il successo riscosso dall'argomento, ho allora deciso di utilizzare un jigsaw per animare le pagine del testo trasformando i lettori in attori.
Attori nel senso di interpreti sì, ma anche nel significato di coloro che prendono parte attiva e diretta a una vicenda e in questo caso la vicenda in oggetto è tra le più importanti: l'apprendimento.
La metodologia che mi è sembrata più adatta all'occasione è stata quella del jigsaw di cui ho già parlato in questo post pubblicato su YourEduAction qualche tempo fa.
Ho organizzato, quindi, due attività per due fasi di lavoro ben distinte, variando alcuni aspetti della metodologia secondo le necessità che si sono presentate nel lavoro.
*PRIMA FASE: IL GRUPPO-BASE*
Per iniziare ho scelto un momento della Prima Scena dell'Atto Terzo in cui c'è l'incontro nella piazza di Verona tra Benvolio, Mercuzio, Romeo e Tebaldo. Ho ripreso il testo nella traduzione di Agostino Lombardo (Edizione Universale Economica Feltrinelli) e ho fotocopiato la prima parte dell'incontro. È vero, si poteva scegliere la scena ben più famosa del balcone, ma io ho preferito questa per 3 ragioni:
1) è un momento meno scontato e i ragazzi non hanno un'idea precostituita in testa, quindi sono più liberi nel creare la loro versione;
2) ci sono più personaggi e il docente ha più possibilità di movimento per attribuire le parti;
3) ci sono più sentimenti in scena.
La scena del balcone è una scena d'amore e i ragazzi di 11 anni non sono tutti contenti nell'analizzare in profondità questo sentimento.
La scena della piazza ha, invece, più sfumature emotive:
c'è l'affetto tra gli amici e l'odio tra rivali, il tentativo di accettare il nuovo parente e quello di creare un dialogo, la stanchezza della noia e lo slancio della rabbia, la vita e la morte.
Ho assegnato a tutti i ragazzi le parti previste nella scena. Quindi in classe c'erano più o meno 5 Benvolio, 5 Romeo, 5 Tebaldi e 5 Mercuzio. Si sono formati così 4 gruppi che hanno lavorato sullo stesso personaggio.
Nella prima parte del lavoro, quindi, i gruppi si sono creati in base alle parti assegnati e ogni gruppo aveva un solo personaggio da analizzare attraverso un questionario che ho consegnato in copia unica. Alla lavagna ho scritto le fasi del lavoro. Le domande del questionario riguardavano lo studio del carattere:
a) quanti anni ha il personaggio assegnato?
b) si muove in modo veloce o lento?
c) qual è il suo obiettivo in scena?
d) che rapporti ha con gli altri personaggi?
e) parafrasa le sue battute e se poi vuoi cambia le parole più difficili (da svolgere singolarmente).
*SECONDA FASE: IL GRUPPO ESPERTO*
Nella seconda parte, invece, i gruppi di origine (gruppo-base) si sono sciolti e ogni membro è andato a far parte di un nuovo gruppo (il gruppo-esperto). I gruppi a questo punto hanno studiato l'intero passo con l'obiettivo di metterlo in scena. Con l'aiuto di una nuova traccia.
In questa fase è cambiata anche lo spazio. Ho portato i miei ragazzi in biblioteca e lì hanno dato vita allo studio della scena e alle improvvisazioni. Nell'ultimo momento abbiamo guardato le varie rappresentazioni. Ogni gruppo ha recitato/improvvisato/creato ed ogni scena è stata diversa dall'altra. C'è chi ha usato le sedie per ricreare una panchina della piazza, chi un fazzoletto per sventagliarsi, chi ha avuto bisogno del testo, chi lo sapeva a memoria e chi lo diceva a parole sue. C'è chi risolve la morte di Mercuzio con una originale soluzione e chi imposta la voce di Tebaldo con solennità. Insomma, nel nostro laboratorio creatività e divertimento sono in azione. Ogni scena è stata bella e ogni gruppo ha colto il cuore del momento.
Lo studio condotto in gruppo ha portato a una conoscenza profonda e personale del testo e ogni allievo si espresso come meglio ha creduto.
E ora eccoci al nodo più spinoso. Come valutare? Perché fare un lavoro del genere? E tra tutte le domande primeggia una che orienta da sempre il mio lavoro: a cosa serve?
Questo non è un lavoro di pure intrattenimento e non serve a far emergere i migliori. In questo caso il teatro serve a sviluppare per me due competenze fondamentali: la creatività e la cooperazione. E per questo aspetto mi vieni in soccorso un altro libro che ho avuto il piacere di leggere quest'anno e che si è fin da subito rivelato illuminante: Genio Cooperativo e compiti di realtà di Stefano Rossi edito per la Pearson. In questo testo Rossi descrive il suo metodo basato sullo sviluppo delle 5 intelligenze: creativa, curiosa, critica, cooperativa e sensibile. L'idea di poter insegnare la collaborazione e la genialità fa breccia immediata nella mia testa e così provo ad osservare le nostre attività e il mio lavoro attraverso la lente offerta dalle sue parole e dal testo saccheggio questa scheda, che per me si rivela da subito un valido aiuto.
Per questa attività posso dire che ogni ingrediente ha giocato fino il fondo il suo ruolo: Shakespeare ci ha fatto conoscere parole e sentimenti, Aristarco ci ha permesso di approdare in una terra sconosciuta, Stefano Rossi mi ha offerto un metodo per osservare e i ragazzi si sono messi in gioco diventando protagonisti attivi del loro apprendimento.
Per parafrasare una frase del grande drammaturgo la scuola per un giorno è diventata un palcoscenico dove ognuno ha recitato alla grande la sua parte.
di E.M. in TeatroAScuola
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