"Chi non sa fare insegna. E chi non sa insegnare? Insegna educazione fisica".
Chiaramente non è mio pensiero, ma la battuta di apertura di un film famoso di Woody Allen, Io e Annie.
Neanche a dirlo, questo incipit così forte mi ha sempre un po' lasciato l'amaro in bocca. Lo dice Woody Allen, ma moltissime persone pensano la stessa cosa. Per molti il lavoro di docenti è un lavoro a mezza giornata. Una specie di part time poco impegnativo.
E invece non è propriamente così. Una classe non è un paese per vecchi, per parafrasare un film fortunato. Ed essere docenti è molto impegnativo.
Se non si riesce a stare bene in classe ci possono essere molti problemi e il primo a soffrirne è proprio il prof.
Gestire la classe, scritto da Luisa Molinari e Consueto Mameli edito da "Il Mulino", arriva in soccorso di tutti. Ogni capitolo è dedicato a una parola-chiave e finisce con una scheda intitolata "Cosa fare in pratica".
Si comincia dalla A di Autorità che un insegnante stabilisce dal suo primo ingresso in aula. Condivido questo assioma e l'ho sempre riscontrato anche nella mia carriera. Dal mio primo ingresso si sono sempre decisi i nostri destini: il mio e il loro. La scheda finale di questo capitolo raccoglie una serie di considerazioni per me fondamentali.
1. Rispettare per essere rispettati. Mi è capitato tante volte di ascoltare docenti sconsolati che si lamentavano di classi fuori controllo. i docenti si lamento spesso perché non vengono rispettati. Ma noi siamo rispettosi verso i ragazzi?
2. Individuare regole per tutti. Regole che anche il docente è chiamato a rispettare... I ragazzi sono il nostro specchio, se chiediamo loro di non usare il cellulare, siamo i primi che lo dobbiamo far scomparire.
Non c'è flessibilità senza adattamento. Qui la differenza più interessante è fatta tra il dialogo centralizzato e quello democratico che possiamo ritrovare in questo schema.
Cosa fare in pratica? Usare le diverse lingue dell'apprendimento. Il linguaggio verbale o quello scritto sono i preferiti degli adulti, ma molti studenti fanno una fatica del diavolo. E allora, attenzione: cambiamo, esploriamo.
Ti capita mai di sentire a una cena tra amici, per strada o a una festa qualcuno che racconta le sue storie di quando andava a scuola? Ti avrà parlato delle ingiustizie che ha dovuto subire nel suo corso di studi o di quel prof che lo interrogava sempre perché in realtà non lo sopportava. Perché pare che nella vita di tutti ci sia stato un docente ingiusto, un'angheria subita, un maltrattamento non vendicato.
Questo accade come ci ricordano gli autori del testo, perché i bambini e gli adolescenti sono molto sensibili al tema della giustizia. Già a tre anni i bambini capiscono che alcune azioni possono essere giuste o ingiuste.
La giustizia è quindi una questione spinosa: dal gestire la singola ora al dare i voti. Il libro dedica un lungo capitolo all'analisi di questo aspetto.
Bisogna creare nella scuola le condizioni affinché gli studenti facciano esperienza di giustizia e di democrazia per esportarle oltre le mura scolastiche.
Uno dei discorsi più interessanti, a mio parere, è quello dedicato a questo quesito: gli studenti sono uguali o diversi? È questo il problema!
Quella degli studenti ma anche quella dei docenti. Perché è risaputo che il fenomeno del burnout colpisce molti docenti e è caratterizzato da tre componenti:
1) esaurimento emotivo
2) depersonalizzazione,
3) scarsa realizzazione professionale
Questo per i docenti, ma poi le pagine si susseguono con una serie di casi pratici e consigli utili per gestire le emozioni degli studenti.
Sono sicura che Woody Allen questa volta si sia sbagliato. Insegna chi ha autorità ed è flessibile. Chi valuta con giustizia e sa governare le emozioni... degli altri ma anche le proprie. E chi non sa insegnare? Può trovare in questo libro un valido aiuto per riflettere.
di E.M. in AreaDocenti