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Top Gun: Maverick

Vedere Top Gun è come tornare in un posto dopo tanti anni, per la precisione 36.


Ci sei stato da ragazzo e ti ricordi che lì sei stato felice.

Appena arrivi in questo posto incontri subito l’amico che non hai più rivisto e ti dici : “Ah, ecco cosa ha fatto in tutti questi anni in cui non ci siamo visti”.


Poi osservi meglio e vedi che è figo, per la precisione un gran figo e il viso è un po’ segnato, per la precisione leggermente segnato.

E così fai i primi commenti: “Ma come stai bene, che bella faccia”.

E lui sornione risponde: “È l’unica che ho!”


Poi allarghi lo sguardo e parlando riconosci anche i modi: sempre guasconi e irriverenti pronti a sfidare chiunque.

Ma poi presti più attenzione e trovi che qualcosa è cambiato. Ma cosa?


Maverick, appena entra in scena, ti fa proprio questa impressione: “Ah, ecco cosa ha fatto in questi anni: li ha passati sempre accanto e spesso sopra ai suoi amati aerei. Impegnato in nuovi progetti, ma non a fare carriera. Ah, ecco qualche ruga e meno male: mica invecchio solo io?”


Restano quelle imprese eroiche al limite del possibile anzi forse proprio impossibili.

Ma Macerick è maturato e con il tempo quella ferita che aveva, è diventata un pozzo senza fondo.


Guardando il pilota americano più famoso di sempre, il pensiero corre al poeta francese Baudelaire.

Maverick assomiglia al suo albatross: così elegante e sicuro di sè in volo così impacciato in terra: e chi l’ha mai visto un Tom Cruise a cui non funziona la carta di credito?

Un Tom Cruise che si fa stanare da un’adolescente?

Un Tom Cruise che non riconosce le domande retoriche?


Il sequel di Top Gun si presenta come uno dei migliori della storia del cinema perché ha in sé qualcosa di antico anzi di nuovo.



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