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Woody Allen in "Un giorno di pioggia a New York"

Ti è mai capitato di vedere un film e di pensare: "ecco, mi piacerebbe vivere in quella storia!"

Se si potesse, ti alzeresti subito dalla poltrona del cinema nella quale sei sprofondato per tuffarti nello schermo e raggiungere i personaggi con cui vuoi parlare a quattrocchi.


Esattamente il contrario di ciò che succede nella La rosa Purpurea del Cairo, quella vecchia pellicola di Woody Allen in cui il protagonista di un film decide di abbandonare la storia e di entrare nella realtà. Lui resta in bianco e nero mentre il mondo scorre a colori.

Ma non tergiversiamo. Dicevamo: ti capita mai?


Ecco a me è capitato vedendo Un giorno di pioggia a New York, il film del 2019 di Woody Allen (sempre lui, che strano), disponibile su Prime Video.

Come non desiderare di condividere con i due protagonisti quelle situazioni, ritrovarcisi in mezzo e perdersi con loro.


La trama è questa: due fidanzati, Ashleigh e Gatsby, lasciano il collage e raggiungono per un giorno New York perché la ragazza ha un piccolo impegno: intervistare un regista.

L'appuntamento si rivelerà tutt'altro che breve e invece innescherà una serie di vicissitudini da portare entrambi a vivere separatamente mille avventure concatenate in un gioco apparentemente infinito.


La storia di lei: dopo aver intervistato il regista (Isaac Liev Schreiber che per tutto il tempo beve e si tormenta), segue uno sceneggiatore (Jude Law che finge di essere brutto), va a una festa con una star (Diego Luna che entra in scena con la maschera di zorro e finisce mezzo nudo).

Sembra semplice, ma eccitante.

E infatti lo è!

Ma non dovrebbe essere così la vita di tutti?

La storia di Gatsby è invece apparentemente più complessa: mentre la fidanzata è impegnata nell'intervista, fa una passeggiata in città.

Solo che la città in questione è New York e se incontri un amico puoi scommetterci che è un aspirante regista. E puoi scommetterci che ti chiederà una mano per completare una scena. E così succede al nostro eroe.


Solo che la scena è una scena d'amore in cui deve baciare una ragazza.

Solo che lui non è un attore vero e la scena va rifatta per ben tre volte.

Capirai che sacrificio!


Poi Gatsby deve sostituire il fratello a una partita di poker e vince un fracco di soldi.

Chiaramente prima o poi il dovere chiama e il dovere in questo film è andare a una festa che i tuoi vecchi genitori hanno organizzato. Ci risiamo: che sacrificio! Forse peggiore di quello di prima.

Solo che i suoi vecchi genitori sono ricchi, che più ricchi non si può. Quel genere di ricchezza che ha l'appartamento che si affaccia sul Central Park e indossa vestiti come se fosse la notte degli Oscar.

Perché allora non andare alla festa con una escort incontrata per caso che ti ha chiesto 500 dollari per una notte e tu gliene offri 5000 per una cena?


Insomma il film fila tutto così.

Quando poi Ashleigh confida al suo fidanzato che il suo giorno a New York

“è stato infestato dal tempo deprimente”,

lui si guarda intorno e capisce che New York è proprio bella così com'è:

“grigia, piovosa, avvolta in una leggera nebbia”.

Perché un posto lo ami con il sole, ma se lo ami davvero la saprai apprezzare anche con la pioggia. Lo ami se c'è il silenzio, ma anche se il traffico sfreccia rumoroso alternando i clacson alle sirene.


E se questa non è una metafora dell'amore, e della vita in generale, cos'altro è?

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